ASSURDITA’ DELLA GIUSTIZIA: BIMBO DI NOVE ANNI SOTTO ACCUSA PER PISTOLA GIOCATTOLO

Una storia che sembra assurda ma che, invece, è tutta reale e che rischiava di rovinare la vita ad un bimbo di 9 anni. Questa mattina sul quotidiano romano il Tempo leggiamo di un piccolo denunciato per minaccia e detenzione abusiva di armi da taglio ma la sua unica colpa è stata quella di avere con sè una pistola finta, di plastica, lunga 6 centimetri vinta dal padre alle giostre e portata con sè a scuola. Tuttavia ci sono voluti degli anni prima che la burocrazia si accorgesse dell’errore e il ragazzino ha dovuto tribolare insieme alla sua famiglia inutilmente. Il fatto è successo, infatti, nel 2009 quando il piccolo aveva soli nove anni e frequentava la quinta elementare in una scuola di Ostia. La sua colpa è stata quella di aver tirato fuori dallo zaino la pistola giocattolo durante la ricreazione e di averla mostrata ai suoi compagni. Allarmate le altre madri hanno subito chiesto al dirigente scolastico di prendere provvedimenti seri e così il piccolo studente è stato denunciato alla polizia. Nonostante gli agenti, giunti sul posto, avessero registrato che si trattasse di un giocattolo maestre e genitori rilasciano testimonianze e il bambino, scosso da tale storia, cambia scuola. Ma la storia non finisce così. Nel 2011, il Tribunale dei Minori di Roma, riapre la vicenda anche se vista la tenera età non può essere processato lo studente è comunque accusato di minacce e porto d’armi. La sentenza impugnata in Cassazione dal legale della famiglia, poi rinviata al Gip del Tribunale di Roma per concludersi con una sentenza che, finalmente, riporta tutto alla dimensione reale: il fatto non sussiste. Peccato che la vicenda lunga due anni è costata cara al bimbo e ai suoi cari.

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L’Articolo di giornale sopra menzionato riassume in sintesi quella che ritengo essere una delle vicende più surreali in cui mi è capitato di imbattermi nel corso della mia vita professionale; Vi assicuro che, occupandomi prevalentemente di questioni di carattere penale, le vicende surreali non scarseggiano affatto, ma questa in particolare tratteggia in maniera quanto meno singolare i contorni di un sistema “Italia” sempre più alla deriva.

Mi riferisco ad un episodio che nella sua semplice assurdità non può non obbligare ad una severa riflessione sul sistema giudiziario italiano che, saturo di procedimenti penali all’inverosimile, probabilmente prossimo al collasso – nel caso non venga varata una legge salva giustizia – si concede il lusso, di avviare una pantomima di procedimento penale nei confronti di un bambino della 5^ elementare di appena 9 anni, reo, a giudizio della Polizia Giudiziaria prima e di un Tribunale dei Minorenni poi, di aver mostrato una pistola di plastica del tutto innocua ad una propria compagna di classe, denunciato per questo motivo per minaccia a mano armata, detenzione abusiva di armi da taglio, continuata.

La domanda che più d’ogni altra mi perseguita, ed alla quale non so che risposta dare, è: se un povero bambino di 9 anni di una scuola elementare italiana qualsiasi si ritrova la fedina penale “macchiata” perché condannato penalmente per fatti mai compiuti (oltretutto in assenza di qualsiasi tipo di contraddittorio e senza avere neppure la possibilità di difendersi da accuse del tutto fantasiose), cosa mai potrà impedire che fatti analoghi possano accadere ad un qualunque cittadino adulto?

Ebbene, riassumendo brevemente la vicenda che vado a sottoporvi, preannuncio che sono in grado di fornire ogni opportuno riscontro dei fatti accaduti che risalgono, nel caso di specie, al 16 novembre 2009, allorquando cioè la madre del mio assistito venne informata telefonicamente dell’intervento di una pattuglia della Polizia di Stato appartenente al Commissariato di Ostia Lido, avvenuto presso la scuola del figlio, sorpreso a detta dell’interlocutore con un “arma” precisamente una “pistola

In realtà la pistola in questione altro non era che una comunissima pistola giocattolo di plastica a molle non più lunga di 5 o 6 centimetri.

Ebbene, è accaduto che le madri di alcuni dei compagni di classe del piccolo Mirco, (il nome è di fantasia) del tutto insensatamente abbiano deciso di allertare il Commissariato di zona sostenendo che all’interno dell’istituto scolastico elementare di Ostia un compagno di classe dei loro figli fosse in possesso di un arma, appunto una pistola (sia consentito rilevare come malgrado tale pericolo, le predette madri non abbiano comunque ritenuto fosse il caso di impedire l’ingresso dei loro pargoli, regolarmente avvenuto anche in tale circostanza).

Tale allarmismo, rivelatosi poi come dimostrano i fatti del tutto infondato se non addirittura preordinato, ha provocato quale logica conseguenza che la prima pattuglia della Polizia di Stato disponibile in servizio anticrimine si precipitasse, come è giusto che fosse, a scuola, per constatare l’entità del pericolo.

Nonostante gli operanti si fossero accertati che si trattava solo di un falso allarme (avevano infatti verificato tramite la maestra e la preside che altro non era che una bolla di sapone) su una misteriosa segnalazione da parte del loro comando hanno comunque proceduto ad “ACQUISIRE” non si comprende bene per quale motivo, soprattutto, su quali presupposti, la pistola giocattolo di plastica a molle di proprietà del criminale in erba. Non paghi, hanno persino proceduto a sentire come persona informata dei fatti ai sensi e per gli effetti dell’art- 351 del Codice di Procedura Penale la stessa insegnante che letteralmente riferiva nella circostanza “ OMISSIS… …DURANTE L’ORA DI RISCREAZIONE DI IERI HO VISTO MIRCO CHE MOSTRAVA LA SUA PISTOLA GIOCATTOLO AD UNA SUA COMPAGNA, COSICCHE’ HO DECISO DI PRENDERGLIELA PER POI CONSEGNARLA AI LORO GENITORI. IL BAMBINO CON IL GIOCATTOLO NON E’ MAI STATO VIOLENTO”.

A causa di tutto ciò i genitori del bambino, traumatizzato dall’evento vissuto nonché continuamente denigrato dai compagni di classe, su consiglio di una psico terapeuta consultata, hanno deciso di trasferire il figlio ad un altro istituto scolastico; è stata anche sporta formale denuncia querela dai genitori, assolutamente non presa neppure in considerazione dalla Procura di Roma che ha archiviato il caso come fatto non costituente reato.

Credendo che la vicenda si fosse conclusa in questo modo, i genitori in un primo momento avevano preferito soprassedere ed evitare di intraprendere ulteriori azioni legali.

Pur tuttavia, come in una vera storia surreale che si rispetti, con “singolare” cinico tempismo il 23 dicembre 2011 il Tribunale per i Minorenni di Roma, ha notificato alla madre del piccolo Mirco una Sentenza di non luogo a procedere per i fatti esposti.

In altri termini, la madre è venuta in questo modo a conoscenza che nei confronti del figlio era stato avviato un procedimento penale scaturito all’esito delle indagini svolte con la sentenza di non luogo a procedere, che per i non addetti ai lavori può essere tradotta in questi termini:

Io Tribunale per i Minori di Roma, ho appurato che il minore è un delinquente perché ho verificato che ha effettivamente compiuto i reati di minaccia con una pistola (trasformatasi peraltro, non si sa come da A MOLLE in ARIA COMPRESSA) di porto abusivo di arma da taglio a scuola, ma sono costretto a pronunciare sentenza di non luogo a procedere perché il minore ha meno di 14 anni.

In realtà, il bambino è del tutto estraneo ai fatti oggetto di contestazione: fra tutte vi è agli atti la dichiarazione testimoniale della stessa maestra che interrogata dalla Polizia di Stato di Ostia ha chiaramente affermato che il minore si è limitato a mostrare durante la ricreazione una innocua pistola giocattolo ad una sua compagna, dichiarazione totalmente strumentalizzata dal Commissariato di Ostia che, non si comprende per quale ragione, nella successiva comunicazione inviata al Tribunale per i Minorenni dichiara FALSAMENTE  che sentita la maestra questa ha dichiarato che il minore “PUNTAVA”  la pistola contro una compagna, facendo credere che solo l’intervento della maestra avesse scongiurato il peggio.

Sarei curioso di conoscere la Vostra impressione in proposito, ovvero se è possibile che un bimbo di 9 anni sia destinatario di una sentenza assolutamente diffamatoria, che è stata in ogni caso impugnata in Cassazione, oltretutto errata da un punto di vista procedurale, riconducibile alla mancata fissazione della necessaria udienza preliminare e che la Stessa Cassazione ha cassato addirittura senza alcun rinvio riconoscendo in tal modo l’assurdità dell’accaduto.

La vicenda, talmente assurda, ha sucitato perfino l’interesse della televisione, che ha dedicato un servizio andato in onda nel noto programma Uno Mattina, dove si è giustamente voluto mettere in risalto una vicenda assolutamente inspiegabile.

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