Lo scorso 5 aprile, la III Sez. della Corte di Appello penale di Milano, in riforma della sentenza di condanna del Tribunale di primo grado, ha assolto – “per non aver commesso il fatto” – un Appuntato della Guardia di Finanza, ritenuto in primo grado colpevole di aver diffamato un noto cantante di colore a cui era stato richiesto di eseguire l’inno nazionale italiano – in occasione di una finale di calcio diffusa a livello nazionale – che, nella circostanza, ha dimenticato alcune parole del testo della canzone.
In primo grado, il militare, difeso da altro legale, è stato riconosciuto colpevole del reato contestato, aggravato dall’incitamento all’odio raziale.
Il Tribunale, in quel caso, non ha ritenuto di dar credito alla versione dell’imputato che, sin da subito, ha dichiarato di non essere l’autore di simili affermazioni, ma che le stesse in realtà dovevano ritenersi riconducibili alla persona di suo fratello, ad onor del vero non nuovo a simili esternazioni.
La Corte d’Appello di Milano, diversamente dal giudice di prime cure – che come premesso ha ritenuto raggiunta la prova della colpevolezza del militare – ha invece diversamente valutato le argomentazioni offerte nel giudizio di appello, giungendo al convincimento che sulla base degli elementi desunti nel corso dell’istruttoria dibattimentale di primo grado, non potesse essere invece espresso un giudizio di colpevolezza, per lo meno al di là di ogni ragionevole dubbio – nei confronti dell’imputato (peraltro un soggetto appartenente ad un Corpo militare nell’ambito del quale ha prestato servizio per oltre 25 anni esemplarmente svolti nel corso dei quali sempre giudicato dalla propria superiore gerarchia con valutazioni apicali).
Sia consentito rilevare come la pronuncia della sentenza di assoluzione, sopraggiunta nel giudizio di appello, debba essere accolta con estremo favore non tanto sotto un profilo squisitamente penale; essa infatti spiega maggiormente i propri effetti soprattutto da un punto di vista amministrativo posto che il proscioglimento del militare preclude di fatto all’amministrazione di appartenenza la possibilità, in assenza di una accertamento sul punto dell’A.G., di adottare provvedimenti di natura disciplinare che, in caso di condanna, certamente sarebbero stati inflitti al militare dipendente; provvedimenti le cui conseguenze, come ben noto, sotto il profilo lavorativo sono agevolmente intuibili.
Avv. Sebastiano Russo