IL TEMPO.IT – 29/09/2015 06:06
A un Casamonica il sequestro lampo costa 30 anni di carcere
Quasi 30 anni di carcere per il sequestro lampo degli imprenditori Massimo Ciampa e Victor Ramirez Montana (Argentino) a opera di Guerino Camonica, Romolo Di Silvi e Alfredo Di Silvio. Così ha..
Quasi 30 anni di carcere per il sequestro lampo degli imprenditori Massimo Ciampa e Victor Ramirez Montana (Argentino) a opera di Guerino Camonica, Romolo Di Silvi e Alfredo Di Silvio.
Così ha stabilito la Corte d’Assise d’Appello di Roma, che ha riconosciuto valido l’impianto accusatorio della Procura che ha ipotizzato il reato di sequestro di persona aggravato. Tra le condanne c’è anche quella dello stesso imprenditore Ciampa, accusato di favoreggiamento personale, in quanto aveva taciuto sul sequestro per timore di ripercussioni. Assolto con formula piena, invece, il militare della Guardia di finanza, Cristian Pace, accusato assieme a un ex carabiniere dei servizi segreti (deceduto) di omessa denuncia. In primo grado il finanziere era stato condannato, ma la difesa dell’avvocato Sebastiano Russo ha fatto emerge la regolarità del comportamento del militare. I fatti sono avvenuti fra l’1 e il 4 marzo 2011. Casamonica, Di Silvi e Di Silvio, tutti vicini alla nota famiglia di sinti, in «concorso fra loro, agendo riuniti e facendo uso di arma, sequestravano Ciampa e Montana Ramirez, allo scopo di ottenere dai medesimi, come prezzo della liberazione, il versamento di una somma di denaro quantificabile in almeno 20-30mila euro». A carico dei tre è stato ipotizzato anche il reato di lesioni personali aggravate, in quanto «al fine di commettere il sequestro» avevano colpito «ripetutamente i due imprenditori» cagionando «a Ciampa lesioni personali al volto (frattura del mascellare sinistro, frattura delle ossa nasali, edema ecchimotico parpebrale, emorragia sottocongiuntivale), giudicate guaribili in trenta giorni, e a Ramirez Montana lesioni personali al volto e dell’emitorace di sinistra». In questa vicenda, però, avrebbe giocato un ruolo una delle due vittime. Ciampa, infatti, interrogato dalla Procura avrebbe evitato di raccontare tutta la verità per timore di ritorsioni. Stando al capo d’imputazione formulato dalla procura, infatti, «ometteva di riferire in modo completo e veritiero sui fatti, ma anzi rendeva dichiarazioni false, dirette a occultare le responsabilità» dei tre condannati, nascondendo «l’origine delle lesioni da lui riportate».