Con la recentissima ordinanza n. 1474/2021 la Suprema Corte di Cassazione ha definitivamente statuito, sgombrando il campo da innumerevoli problematiche ermeneutiche ed applicative, che in tutti i procedimenti previsti dall’art. 337 bis c.c., quando si assumono provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne, e anche di quello di età inferiore se capace di discernimento, è un adempimento previsto a pena di nullità.
Finalità essenziale dell’audizione è infatti quella di garantire il diritto del minore ad essere informato e a poter rappresentare al giudice le proprie considerazioni ed esigenze nell’ambito dei procedimenti che lo riguardano.
Con tale importante pronuncia si riconosce che, in sede di affidamento e diritto di visita, il minore è portatore di interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore e, per tale profilo, può qualificarsi come parte in senso sostanziale, per cui ha diritto di esporre le proprie ragioni nel corso del processo, a diretto contatto con l’organo giudicante.
Ne consegue pertanto che, in caso di mancato ascolto, incombe sul giudice l’obbligo di specifica e circostanziata motivazione – tanto più necessaria quanto più l’età del minore si approssima ai dodici anni, età in cui subentra l’obbligo legale di ascolto – e che il mancato ascolto, se non sorretto da espressa motivazione su un’assenza di discernimento o sulla sussistenza di altre circostanze tali da giustificarne l’omissione, costituisce violazione del contraddittorio e dei principi del giusto processo.
Questi, in sintesi, i principi ribaditi dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento (n. 1474/2021), provvedimento accolto con soddisfazione di quanti hanno sempre sostenuto che non si possa prescindere dall’ascolto della volontà del minore, sul quale sono destinati a ricadere gli effetti dei provvedimenti relativi all’affidamento ed al diritto di visita.
All’origine della pronuncia in esame vi è un decreto del Tribunale di Pesaro, che disponeva l’affidamento congiunto ai genitori dei due figli minori con collocamento prevalente presso la madre, stabilendo le modalità e i tempi di permanenza dei bambini presso il padre e ponendo a carico di quest’ultimo un assegno di mantenimento mensile.
Il padre interponeva reclamo ma il decreto veniva confermato dalla Corte d’appello di Ancona che, per quanto qui di interesse, riteneva di non procedere all’audizione dei figli minori della coppia ritenendo l’ascolto contrario al loro interesse.
Il padre proponeva quindi ricorso per cassazione, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 315 bis, 336 bis e 337 octies c.c., nonché dell’art. 12 della Convenzione di New York e dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo sui diritti dei minori.
La Corte osserva che l’audizione dei minori, già prevista dall’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è diventata un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardano, in particolare in quelle relative al loro affidamento ai genitori ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 1996, nonchè degli artt. 315-bis, 336-bis e 337 octies c.c..
L’ascolto del minore infradodicenne, e anche di quello di età inferiore se capace di discernimento, costituisce infatti una tra le modalità più rilevanti di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, oltre che un elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.
Può quindi affermarsi che il mancato ascolto, se non sorretto da espressa motivazione su un’assenza di discernimento o sulla sussistenza di altre circostanze tali da giustificarne l’omissione, costituisce violazione del contraddittorio e dei principi del giusto processo.
In sede di affidamento e diritto di visita, il minore è infatti portatore di interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore e, per tale profilo, può quindi qualificarsi parte in senso sostanziale e ha diritto di esporre le proprie ragioni nel corso del processo, a diretto contatto con l’organo giudicante.
Ne discende che in tutti i procedimenti previsti dall’art. 337 bis c.c., ove si assumano provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, costituisce un adempimento previsto a pena di nullità, in relazione al quale incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione, tanto più necessaria quanto più l’età del minore si approssima ai dodici anni, oltre i quali subentra l’obbligo legale di ascolto.
La motivazione si impone non solo se il minore infradodicenne è incapace di discernimento, o si ritiene la sua audizione manifestamente superflua o in contrasto con il suo interesse, ma anche quando il giudice opta per un ascolto nel corso di indagini peritali o ad opera di un esperto al di fuori di tale incarico.
Questo perché – osserva la Cassazione – l’ascolto diretto da parte del giudice consente una partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre la consulenza prende in esame altri fattori, quali la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori o la loro relazione con il figlio.
Riconoscere il ruolo attivo dei minori rappresenta, in conclusione, una vera conquista di civiltà.