Prima ti promuovo, poi ti licenzio. Storia di un OPR, licenziato come Ros: licenziamento illegittimo, il Tribunale di Civitavecchia condanna l’Alitalia a reintegrare il lavoratore (sentenza Tribunale di Civitavecchia Sez. Lavoro del 18.2.2021)
Si conclude positivamente, e con viva soddisfazione dello Studio Legale Russo Caradonna, la vicenda processuale del lavoratore Stefano Bianchi, licenziato da Alitalia Cai nel novembre 2014, in applicazione dei criteri di selezione individuati nell’ambito del licenziamento collettivo dettati dalla procedura di mobilità iniziata in data 12.7.2014, licenziamento dichiarato illegittimo dal Giudice del Lavoro, con conseguente obbligo di reintegra e condanna della società Alitalia Cai spa ed Alitalia Sai spa al pagamento dell’indennità ex art. 18.
Facciamo un passo indietro.
Stefano Bianchi viene assunto da Alitalia Compagnia Aerea Italiana spa il 16.11.2009 ed il rapporto lavorativo prosegue sino al 3.11.2014, data in cui gli viene intimato licenziamento essendo ritenuto eccedentario nel contesto della procedura di mobilità avviata dal mese di luglio 2014.
La sua storia inizia in Aeroporto molto prima, con l’assunzione l’1.3.2003 da parte della società EAS-Air One, con contratto a tempo determinato, full time, inquadrato al livello 7 del CCNL Assoaeroporti, con mansioni di operatore unico aeroportuale (OUA);
nel marzo 2008 l’Eas Airone gli ha riconosciuto, per meriti, il livello 6 del CCNL di categoria, con inquadramento come operatore polivalente rampa (OPR).
nel mese di novembre 2009, la EAS-Air One si è fusa per incorporazione con la nuova società Alitalia Cai s.p.a., la quale dal 31.7.2009 per ragioni di merito, riconosce al lavoratore Stefano Bianchi il livello professionale 5, con un avanzamento di carriera e di retribuzione.
Il lavoratore matura nel tempo una considerevole esperienza umana e professionale, al punto tale che, nel corso dell’ultimo anno, viene adibito dalla società a mansioni superiori di ROS, sebbene il datore abbia illegittimamente omesso di riconoscergli tale superiore inquadramento, unitamente ad uno stipendio parametrato alle mansioni superiori.
Il sig. Bianchi si presta a tale nuova sfida professionale, lavora, compie ore di straordinario, non un giorno di malattia, non un procedimento disciplinare, anzi elogiato per il suo attaccamento alla società, è il lavoratore che tutte le aziende vorrebbero: affidabile, capace, con una spiccata capacità di problem solving che di certo non passa inosservata.
Tutto questo prosegue fino all’autunno 2014, con l’avvento di Ethiad, cessionaria di ramo di azienda della cedente Cai Spa, con la quale forma una nuova realtà societaria la Alitalia Sai spa, alla quale è rimessa, in buona sostanza, la speranza di un rilancio della Compagnia di bandiera, previa consistente riduzione del personale giudicato in esubero (tra cui l’assistito Stefano Bianchi).
La relativa procedura di mobilità viene avviata a partire dal noto accordo del 12 luglio 2014, con il quale è stata deliberata l’attivazione delle procedure di conversione della CIGS in CIGS per crisi aziendale ex art 1 L. 223/91, concordando in tal modo un piano di risanamento aziendale “volto alla prosecuzione delle attività produttive e dei rapporti di lavoro per complessive 11.036 unità, mediante la cessione dei compendi aziendali alla nuova realtà societaria”.
In tali unità non è ricompreso Stefano Bianchi il quale viene licenziato come lavoratore eccedentario, giudicato non utilmente ricollocabile nella neonata Alitalia Sai.
In altri termini la vertenza promossa dal sig. Stefano Bianchi è mossa dall’intento di correggere il paradosso che ha visto da una parte il lavoratore promosso, in via di fatto, da OPR a ROS, promozione mai formalizzata dal datore; dall’altra il licenziamento del lavoratore che viene considerato e valutato, come premesso, unicamente come ROS, (per le sole mansioni in fatto svolte) ed, in quanto tale, ritenuto inspiegabilmente non utile alla nuova realtà societaria, dimenticando, la Compagnia, che il sig. Bianchi era ed è OPR, con tutto ciò che ne consegue in termini di capacità e professionalità acquisite: ovvero prima ti promuovo (peraltro in via di mero fatto), poi ti licenzio.
Con sentenza del 18.2.2021 il Giudice del Lavoro, accogliendo pienamente le doglianze del lavoratore, ha riconosciuto l’illegittimità del licenziamento, mettendo in guardia dal possibile effetto discriminatorio derivante dal delimitare aree e settori ai quali restringere la selezione, laddove ciò avvenga senza considerare le professionalità maturate dai lavoratori a prescindere dall’area di appartenenza.
Numerosi sono stati i nodi da sciogliere.
In primis il Tribunale ha condiviso l’interpretazione “secondo buona fede” dei criteri di scelta individuati dalle parti sociali.
“Le parti sociali”- rileva il Tribunale- “hanno indicato, nell’accordo del 24 ottobre 2014, con riferimento al criterio delle esigenze organizzative e produttive, che per il personale di terra a parità di posizioni di lavoro si procederà con la collocazione in mobilità del personale con minor numero di certificazioni/abilitazioni” .
Nel condivisibile ragionamento formulato dal Tribunale per “parità di posizioni di lavoro” deve intendersi non il singolo incarico ricoperto dal lavoratore al momento del licenziamento, ma si deve guardare al bagaglio professionale maturato dal momento, osserva il Giudice del Lavoro, che “non è richiesta la corrispondenza tra le posizioni lavorative soppresse (indicate nella comunicazione di avvio della procedura) ed i lavoratori da licenziare” in ragione del fatto che i criteri di scelta sono di carattere oggettivo e non soggettivo.
Da tali premesse il Tribunale di Civitavecchia fa discendere l’illegittimità del modus operandi della Alitalia Cai, la quale, in fase di applicazione dei criteri di scelta, ha ritenuto sufficiente il riferimento alle mansioni da ultimo svolte, omettendo di considerare la non coincidenza tra l’individuazione delle posizioni lavorative da sopprimere e la successiva individuazione dei lavoratori da licenziare che, ricorda il Giudicante, “deve avvenire sulla scorta di criteri oggettivi diversi dalla mera collocazione del lavoratore al momento del licenziamento nella posizione di lavoro soppressa”.
In tale contesto il sig. Bianchi, considerato ai fini dell’applicazione dei criteri selettivi unicamente quale ROS ( in ragione delle mansioni svolte nell’ultimo periodo di tempo) a buon diritto può pretendere che la sua professionalità sia comparata con quanti avevano un profilo fungibile al suo, non per ruoli ricoperti ma per capacità acquisite, e dunque con i colleghi OPR (mansioni svolte in precedenza corrispondenti peraltro all’inquadramento riconosciuto); “ragionando altrimenti”, osserva il Magistrato “si consentirebbe al datore di lavoro di sottrare alcuni lavoratori al licenziamento collettivo e di includerne altri solo adibendoli – a parità di qualifica professionale- ad un compito piuttosto che un altro”.
Altro importante principio che ha trovato applicazione nella sentenza in commento concerne l’accoglimento della domanda avanzata dal lavoratore licenziato anche nei confronti della cessionaria Alitalia Sai spa, cessionaria, appunto, dell’azienda presso la quale il Bianchi risulta adibito prima del recesso datoriale, al fine di ottenere la condanna ex art 2112 c.c. della società citata al ripristino dei rapporti di lavoro ed al pagamento in solido con la Cai spa dell’indennità ex art 18 st. lav.
A tal riguardo il Tribunale, accogliendo la tesi difensiva del lavoratore, e richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha statuito che “l’azione del lavoratore per accertare la sussistenza del rapporto di lavoro con il cessionario non è soggetta al termine di decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010 art 32 comma 4 lett c, che riguarda i soli provvedimenti datoriali che il lavoratore intenda impugnare al fine di contestarne la legittimità o la validità, né può trovare applicazione la lett. D della stessa diposizione, trattandosi di norma di chiusura di carattere eccezionale, non suscettibile pertanto di disciplinare la fattispecie di cui all’art 2112 c.c. già contemplata dalla lettera precedente” (cass Civ sez Lav. 01/06/2020 n. 10414).
Ciò chiarito, il Giudice del Lavoro ha altresì censurato l’accordo stipulato dalle parti sociali in data 26.11.2014 laddove prevede che resta esclusa “la prosecuzione con la cessionaria di ogni ulteriore rapporto di lavoro non espressamente ricompreso nell’allegato al presente verbale”, dove non era ricompreso il ricorrente;
del resto una deroga alla disposizione di cui all’art 2112 c.c. che, come noto, dispone in caso di trasferimento di azienda la continuazione del rapporto di lavoro con il cessionario “si porrebbe in irrimediabile contrasto con il diritto comunitario in particolare la direttiva 2001/23/CE e con i principi enunciati dalla Corte di Giustizia 11 giugno 2009 C-561-07”.
Le uniche deroghe consentite esulano dal caso di specie, attenendo alle fattispecie descritte all’art. 5 della direttiva 2001/23/CE e segnatamente ad ipotesi in cui il cedente sia interessato da una procedura fallimentare o procedura di insolvenza analoga finalizzata alla liquidazione dei beni del cedente stesso sotto il controllo di un’autorità competente.
Nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale di Civitavecchia “non vi è stata una procedura fallimentare o una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente”, ma “soltanto l’accertamento dello stato di crisi aziendale preordinato a consentire alla Cai spa di beneficiare della cassa integrazione guadagni”;
peraltro il Giudice ricorda come lo stato di crisi accertato in capo all’Alitalia, proprio per le sue caratteristiche, comunque non consenta deroghe alle garanzie di cui all’art 2112 c.c., in virtù della mancanza di quel controllo giudiziario (come inteso dall’art 5 n. 3 della citata direttiva), o comunque di un’autorità competente, non ravvisabile nel caso di specie.
“Sulla scorta di tale interpretazione dell’art. 47 comma 4-bis cit. conforme al diritto comunitario e costituzionalmente orientata è possibile concludere che la clausola, contenuta nell’accordo del 26 novembre 2014, volta ad escludere la prosecuzione con la società cessionaria di rapporti di lavoro diversi da quelli espressamente ricompresi nell’elenco allegato risulta nulla, in quanto in contrasto con la norma imperativa contenuta nell’art 2112 c.c. norma non derogata, con riferimento alla specifica ipotesi di crisi aziendale al vaglio dall’ art 47 comma 4 bis cit.”
Alla luce di tutto il Tribunale ha accertato l’illegittimita’ e l’ingiustizia del licenziamento intimato al sig. Stefano Bianchi che sarà, dunque, reintegrato e risarcito ed otterrà il pagamento di tutti i contributi omessi dalla data di licenziamento alla data di effettiva ripresa dell’attività lavorativa.
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